Già comprato il panettone?
Ancora no?
Sai riconoscerne, a prima vista, uno che promette bene?
E sai dire, dopo averlo assaggiato, cosa lo rende, al di là dei gusti personali, proprio buono?
Ecco la terza e ultima parte della mia guida agli acquisti di Natale (dovevano essere due, ma poi sono diventate tre), con qualche dritta per orientarti nell’acquisto del panettone e della frutta secca e qualche altro piccolo consiglio last minute.
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1. COME SCEGLIERE IL PANETTONE
Ora cerchiamo di capire come si riconosce un panettone di qualità.
Partiamo con il dire che un certo standard qualitativo minimo per il panettone (ma anche per il pandoro) è garantito dalla legge: un dolce natalizio, infatti, non può essere denominato “panettone” (o “pandoro”), se non rispetta un disciplinare che ne indica composizione, forma e procedimento, stabilito da un decreto ministeriale del 2005, aggiornato nel 2017.
Non esiste, invece, alcun parametro, che definisca l’artigianalità. C’è solo un disciplinare un po’ più dettagliato e rigoroso rispetto a quello stabilito dal decreto (considerato, dai puristi, non sufficientemente protettivo), promosso dalla Camera di Commercio di Milano e dal Comitato dei Maestri Pasticcieri Milanesi, il cui rispetto permette l’apposizione, sull’etichetta del panettone, della denominazione “Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese”.
Va da sé, quindi, che non è detto che un panettone che si autodefinisce artigianale sia meglio di uno che è prodotto industrialmente. Sempre meglio saper leggere l’etichetta e riconoscere, dal suo aspetto, se promette bene.
Ma andiamo con ordine. Impariamo a
- Leggere e comprendere le informazioni tecniche fornite dall’etichetta
- Quali sono le caratteristiche facilmente riconoscibili alla vista (prova visiva)
- Quali sensazioni dobbiamo aspettarci di provare all’assaggio (prova di degustazione).
a. ETICHETTA
Con cosa deve essere fatto un panettone perché possa essere considerato buono?
L’etichetta ci dice moltissimo.
Impariamo a decifrarla, cercando di individuare gli ingredienti che devono esserci, quelli che non è consigliabile che ci siano e le informazioni aggiuntive che sarebbe bene trovare.
(i) Ingredienti obbligatori e percentuali minime
- farina di frumento: perché sia “panettone”, è necessario che la farina sia di grano. Se alla base dell’impasto c’è la farina di un altro cereale, avremo un prodotto che dovrà essere chiamato con un altro nome (ad es. “dolce tipico natalizio”), a meno che non si tratti di un sostituto appositamente formulato per chi deve mangiare senza glutine, che, pur evidentemente non contendo il frumento, se vengono rispettati tutta una serie di altri paletti, può comunque mantenere la denominazione di panettone. La norma non dice nulla, invece, su quale debba o possa essere il livello di raffinazione della farina. Come regolarsi? Preferire, come sempre, farine biologiche, poco raffinate, possibilmente macinate a pietra (no, non é un assioma: giuro, giuro, giuro, arriverà approfondimento nel quale finalmente spiegherò perché). Se fossero di grani antichi, poi, sarebbe il massimo, ma pretendere che vengano usati nel panettone (che ha bisogno di grani con glutini prestanti, in grado di sorreggerne la pesante struttura e la lievitazione), tranne qualche rarissimo e strabiliante caso, è fantascienza.
- zucchero;
- uova: possono essere usate uova intere oppure tuorli (anche pastorizzati in tetrapak :-/!) o entrambi, ma devono essere di categoria A (cioè fresche), e ce ne deve essere almeno il 4%. Prodotti con una maggiore percentuale di uova saranno più ricchi e corposi e il colore sarà più intenso (il colore vivido del giallo della pasta, però, da qualcuno riferito come garanzia di galline in salute, allevate all’aperto e con tutti i crismi, in realtà non è molto significativo, dato che alcune aziende aggiungono dei coloranti ai mangimi, proprio per rendere più vivida la colorazione dei tuorli). Se il produttore vuole avvisarci che usa una quantità di uova superiore a quella stabilita dalla legge, lo indicherà sull’etichetta. Se, invece, volessimo essere rassicurati sulla qualità delle uova, collegabile a come le galline sono state allevate, dovremmo cercare indicazioni esplicite in tal senso, tipo “uova da allevamento biologico”, o “uova cat. 0” (per un approfondimento sul significato di queste sigle e codici puoi guardare qui);
- burro: perché sia panettone
- deve esserci il burro (se sostituito con grassi vegetali, anche pregiati, come l’olio evo, il dolce natalizio va identificato con un altro nome),
- deve essercene almeno il 16%,
- il burro deve essere fatto esclusivamente con crema di latte vaccino. Questa prescrizione ci mette al riparo dall’uso di burro di qualità inferiore (ad es. contenente in qualche misura burro derivato da sottoprodotti come il siero di latte), però non ci assicura l’utilizzo del burro buono, che è il cd. “burro di centrifuga” (per una spiegazione della differenza tra “burro di centrifuga” e “burro di affioramento” puoi guardare qui), che, qualora fosse indicato in etichetta, sarebbe un ottimo indizio sulla qualità del panettone;
- uvetta e scorze di agrumi canditi: devono essere presenti in quantità non inferiore al 20%. Solitamente l’etichetta riporta anche i loro ingredienti, che devono essere più naturali possibile, senza additivi chimici (puoi rifarti alle indicazioni elencate più sotto nel paragrafo sulla frutta secca);
- lievito madre;
- sale.
(ii) Ingredienti facoltativi
Ingredienti facoltativi (quindi permessi), sono: latte e derivati; miele; malto; burro di cacao; zuccheri (come ad es. fruttosio e glucosio); lievito di birra, nel limite dell’1%; emulsionanti; il conservante acido sorbico (E200); il conservante sorbato di potassio (E202).
Sono, quindi, consentiti gli emulsionanti (sostanze che riescono a legare due o più componenti che, per natura, tenderebbero a separarsi – tipo acqua e olio -, rendendo, così, l’emulsione stabile) e alcuni conservanti.
Tra i primi, molto diffusi sono mono e digliceridi degli acidi grassi (anche indicati con il codice E471), spesso, purtroppo, presenti anche nei panettoni che si autodefiniscono artigianali, usati principalmente per prolungarne la durata e quindi spostare in avanti la data di scadenza.
Questi additivi hanno due grandi difetti (se non bastasse, quello, per me già sufficiente, di essere delle sostanze chimiche che fanno perdere la genuinità a ciò a cui sono aggiunti): il primo è che non sono affatto amici della digestione (e questo, per me, si sa, è un peccato mortale!); il secondo è che non è dato sapere la natura delle materie prime impiegate per la loro realizzazione, perché la legge non ne prescrive l’indicazione. Questo significa che potrebbero derivare da grassi vegetali, anche di scarsissima qualità, o, che è anche peggio, da scarti dell’industria della carne (ed ecco il motivo perché su alimenti che col mondo animale non c’entrano nulla si può trovare l’indicazione che sono adatti a regimi vegani o vegetariani: con quella precisazione viene assicurato che nella composizione non ci sia alcuna componente chimica di derivazione animale).
(iii) Possibili deroghe
Il decreto prevede la possibilità che nell’impasto del panettone :
- non ci siano uvetta, canditi o entrambi;
- siano aggiunti ripieni, farciture, glassature e decorazioni, che comunque non dovranno superare il 50% dell’impasto base.
Tutte le variazioni (che si tratti dell’assenza di alcuni ingredienti, della loro sostituzione con altri o della presenza di ingredienti aggiuntivi, rispetto alla ricetta tradizionale) devono essere indicate in etichetta, nella denominazione del prodotto (ad es.: “Panettone senza canditi”, “Panettone al cioccolato”, ecc.).
b. PROVA VISIVA
E passiamo alle caratteristiche fisiche che ci aiutano a capire se ci troviamo davanti ad un prodotto di qualità.
- Aspetto: la calotta deve essere “bombata”, ossia uscire dal pirottino con una forma a cupola perfettamente arrotondata. Se è piatta, potrebbe esserci stato un problema di lievitazione, che si traduce in una maggiore compattezza e una minore sofficità del panettone; se è “ a fungo”, la lievitazione potrebbe essere stata prolungata troppo e il dolce si seccherà molto presto. La crosta, inoltre, deve essere compatta, morbida, fine, di colore uniforme e non bruciacchiata.
- Uvetta e canditi: devono entrambi essere tanti, grandi, morbidi e di buona qualità. Forma, dimensione e distribuzione delle uvette sono ben visibili anche prima del taglio: se ce ne sono molte e se queste appaiono grandi e piuttosto morbide è un ottimo segno. Le scorzette di agrumi dovrebbero essere grandi e un po’ irregolari, segno inconfondibile di artigianalità e che sono state ricavate da un pezzo grande, tagliato solo al momento della preparazione del panettone, preservando, così, il profumo e gli aromi degli agrumi.
- Alveolatura: gli alveoli sono i fori presenti nella mollica dell’impasto e sono, ahimè, visibili solo a panettone già tagliato. Devono essere allungati, fini e piuttosto omogenei, senza grossi buchi (le cd. “caverne”) che rivelano difetti di lievitazione e fanno asciugare la pasta molto presto (a meno di non usare additivi chimici).
- Elasticità: un buon panettone deve essere elastico. Anche se sembra irriverente, prova a schiacciarlo con una mano e vedere cosa succede: se torna alla posizione iniziale dopo la compressione vuol dire che la struttura è ben fatta.
c. PROVA DI DEGUSTAZIONE
Premettendo che il panettone è più buono se leggermente più caldo della temperatura che mediamente abbiamo nelle nostre abitazioni (va bene porlo qualche minuto prima sul termosifone, ma attenzione a non esagerare, che potrebbe asciugarsi troppo), vediamo quali sono i parametri dell’analisi sensoriale.
- Profumo: il profumo del panettone deve essere intenso, devono arrivare subito gli agrumi, il burro e la vaniglia, senza alcunché di chimico. Non dovremo avvertire né effluvi alcolici, né acidi.
- Sensazione al palato: schiacciando la mollica tra la lingua e il palato potremo verificarne durezza e solubilità: la mollica dovrà essere soffice, la masticazione veloce e poco impegnativa, il boccone leggero e scioglievole (senza che si formi un vero e proprio bolo).
- Gusto: il primo obiettivo da porsi è il bilanciamento di tutti i sapori dati dai diversi ingredienti presenti nell’impasto: il burro dovrà intervenire in maniera importante, ma non predominante e non dovrà lasciare una fastidiosa sensazione di bocca “sporca”; seguirà il sapore agrumato della frutta candita (determinante che sia di ottima qualità e senza le componenti solforose tipiche dei prodotti industriali). Non si dovrà mai avvenire una eccessiva acidità (data da un lievito madre non in salute), un sentore di alcol e di aromi artificiali.
Conclusioni
Perché sia “buono” il panettone deve essere fatto con materie prime eccellenti e maestria nella lavorazione.
L’artigianalità (anche perché è autodefinita) non è garanzia di qualità (se si sbircia tra gli ingredienti di molti prodotti artigianali, anche blasonati, si scopre che l’uso di additivi non è così raro).
Di contro, ci sono produzioni industriali validissime, che, a fronte di un costo leggermente superiore rispetto ai panettoni che si trovano sui banchi della grande distribuzione, ma che, comunque, è inferiore ai prodotti artigianali, sono degli ottimi compromessi (dai uno sguardo a questo, oppure a questo).
Dove comprare un panettone buono buono?
In questo articolo trovi i miei preferiti.
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2. COME SCEGLIERE LA FRUTTA SECCA
Anche se non sei, come me, un mangiatore impenitente di frutta essiccata, frutta a guscio e semi oleaginosi, in questi giorni potresti trovarti ad acquistarne per la tua tavola delle Feste.
Come sceglierli?
Personalmente preferisco prodotti biologici e, se vengono da lontano (come ad esempio gli anacardi, che comunque non consumo in maniera abituale) sto attenta a far ricadere la scelta su produttori consapevoli, che assicurino la provenienza da coltivazioni senza OGM e sostenibili per le popolazioni locali.
Come faccio? Cerco le certificazioni in etichetta o vado sul sito dell’azienda e cerco informazioni che mi rassicurino su questo aspetto.
Ad ogni modo, sia per la frutta essiccata, che per la frutta oleosa a guscio, che per i semi oleaginosi è importante controllare la lista degli ingredienti, che deve contenere solo l’ingrediente che desideriamo acquistare, o al massimo, per alcuni tipi di frutta essiccata (come l’uvetta*), l’olio di semi di girasole**.
Verifichiamo, quindi, in etichetta che NON siano presenti:
- additivi, con funzione di conservanti (ad es. anidride solforosa (o diossido di zinco), anche indicato con la sigla E 220; metabisolfito di sodio, anche indicato con la sigla E 223; sorbato di potassio, anche indicato con la sigla E 202), molti dei quali sono anche allergeni, e coloranti (ad es. E102 ed E133), alcuni dei quali, anche se a dosi sicuramente più elevate di quelle contenute nella porzione giornaliera raccomandata di frutta secca, hanno effetti tossici;
- zucchero, altri dolcificanti o, peggio, edulcoranti di sintesi;
- sale o altri insaporitori come glutammato di sodio.
Tieni, inoltre, presente che sia la frutta oleosa a guscio, sia i semi oleaginosi contengono dei grassi (polinsaturi) molto delicati, che vanno facilmente incontro ad irrancidimento. Perché mantengano intatte le loro caratteristiche organolettiche e nutrizionali ed il loro sapore, sarà, quindi, essenziale che vengano conservati in modo corretto.
Ci sono, poi, alcune caratteristiche fisiche, che possono essere dei facili indicatori della qualità del prodotto che stai acquistando. Ad esempio:
-
la frutta essiccata non deve mai avere colori troppo accesi e brillanti (il colore delle albicocche disidratate al naturale è marrone scuro: quelle di un bel “color albicocca” e vivide saranno sicuramente state addizionate con dei conservanti; se kiwi e ananas disidratati si presentano con dei colori molto accesi, controlla in etichetta che non siano stati addizionati con dei coloranti);
-
il guscio della frutta oleosa deve essere di un colore uniforme: la presenza di macchie scure potrebbe indicarne l’invecchiamento; una eccessiva chiarezza, al contrario, potrebbe essere indice di un trattamento artificiale teso a mascherarne l’ossidazione;
-
la frutta oleosa intera, se fresca e ben conservata, ha un seme che occupa quasi totalmente l’interno del guscio: se, quindi, agitandola si sente il seme “ballare” nel suo involucro, sarà altamente probabile che sia invecchiato e irrancidito.
* L’unica uvetta che io abbia mai trovato in commercio senza olio di girasole è questa.
** L’acquisto di prodotti biologici garantisce l’utilizzo di un olio che non è raffinato né trattato chimicamente.
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3) ALTRI PICCOLI CONSIGLI DELL’ULTIMO MINUTO
Per concludere questa lunga, lunghissima panoramica, con cui spero di averti fatto entrare un po’ di più nel mio mondo, ti lascio qualche consiglio per eventuali problemi dell’ultimo minuto che potresti trovarti a gestire.
- Come fare se tra gli ospiti hai una persona che non mangia carne e/o mangia esclusivamente vegetale? Assicurati che tra le portate del menù ce ne sia almeno una, ma meglio se di più, che possano essere mangiate da tutti. Le torte salate (in questa sezione del blog ce ne sono moltissime e puoi facilmente renderle vegan omettendo semplicemente il formaggio), sono sempre una buona idea.
- Regalo dell’ultimo minuto per una persona che vuole cominciare a mangiare più naturale? Dai un occhiata a questo, questo (purtroppo solo in inglese), oppure questo.
- Come fare per riuscire a fare tutto? Portati avanti il più possibile. Fai in anticipo tutto ciò che si conserva bene, ricordandoti che zuppe, salse e intingoli se li lasci riposare un po’ prima di mangiarli sono felici. L’importante è che conservi tutto in contenitori, possibilmente di vetro, a chiusura ermetica, dimensionati il più possibile a ciò che devi contenere (cerca di non lasciare spazio tra il cibo e coperchio).
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Ti auguro di cuore di riuscire a goderti queste feste come un occasione di riposo, tempo per te, possibilità di goderti gli affetti più cari e un po’ di sano niente, che, se non si esagera, è sempre il presupposto per far accadere cose belle, dopo. Buon Natale!
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